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Politica e Sanità

23 Dicembre 2011

Sechi (Federfarma Oristano): anziché rivedere i conti, l’Enpaf passi al contributivo


Se declino della spesa farmaceutica Ssn ed equilibrio a 50 anni impongono all’Enpam di rivedere i propri conti, allora si colga l’opportunità per rivedere radicalmente i meccanismi su cui si basa la previdenza dei farmacisti. L’invito arriva da Pasquale Sechi, titolare di farmacia rurale e presidente di Federfarma Oristano, da tempo impegnato in prima persona in una campagna diretta a ottenere il passaggio al contributivo per tutti gli iscritti all’ente. «In tal modo» spiega «si rimuoverebbero lo storture dell’attuale sistema e si garantirebbero pensioni più dignitose». Per Sechi, in particolare, il passaggio al contributivo (ossia a un sistema in cui l’ammontare della pensione è determinato dall’entità dei contributi versati nel corso della vita lavorativa) dovrebbe essere accompagnato da una revisione delle attuali regole. «Per cominciare» dice «quello 0,90% che oggi i titolari versano all’Enpaf assieme alla quota fissa e va a finire nel calderone con il quale si pagano i trattamenti oggi erogati, dovrebbe invece andare ad alimentare il montante del singolo iscritto e contribuirebbe a determinare la pensione che riceverà al momento del ritiro dal lavoro. Secondo, ai farmacisti già iscritti ad altra forma di previdenza, come i collaboratori, va risparmiato l’onere di una contribuzione obbligatoria che, ancorché ridotta, alimenta soltanto il loro scontento».
Il presidente di Federfarma Oristano, in sintesi, predica quanto già prevede una proposta di legge (ddl 1628, primo firmatario il senatore del Gruppo misto Giuseppe Astore) presentata a Palazzo Madama un paio di anni fa e ancora in attesa di esame. «Quella proposta» sottolinea Sechi «prevede l’iscrizione obbligatoria all’Enpaf solo per i titolari di farmacia e i liberi professionisti, e soltanto dal momento in cui iniziano a esercitare l’attività lavorativa anziché dal momento in cui sono iscritti all’albo. E sempre a proposito di titolari, lo 0,90% diventerebbe un contributo procapite, a carico di ogni singolo socio nel caso di farmacie con più titolari». L’obiettivo è intuibile: pensioni più dignitose per i farmacisti. «Oggi» conclude Sechi «ci sono 25mila farmacisti in pensione che prendono un assegno di circa 500 euro al mese. Passare al contributivo significherebbe arrivare nel tempo a trattamenti di circa 1.600 euro al mese. Così, verrebbe incentivato il ricambio generazionale e i titolari in età più avanzata potrebbero lasciare la farmacia ai più giovani, senza essere costretti a restare al banco fino a quando le forze li reggono».

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