Politica e Sanità
23 Gennaio 2012Bisognerà attendere fino a stasera per avere un quadro preciso dei provvedimenti che il decreto sulle liberalizzazioni detta in tema di farmacia. Perché l’intervento del ministro della Salute, Renato Balduzzi, nella conferenza stampa di venerdì e indiscrezioni raccolte da Federfarma nella giornata di sabato inducono a pensare che la lista non sia completa e qualche coniglio potrebbe ancora spuntare dal cilindro del governo Monti. Si parla per esempio di un comma diretto a istituire un fondo di solidarietà amministrato dall’Enpaf per consentire l’apertura della farmacia in quegli ottocento e passa comuni in cui attualmente la sede resta vacante di concorso in concorso perché inappetibile. Un fondo, sarebbe scritto in questo comma, che dovrebbe garantire ai titolari di tali presidi un trattamento pari allo stipendio di un collaboratore. E si vocifera anche di un altro comma, che fisserebbe il numero di collaboratori minimo nelle grandi farmacie, misurate con ogni probabilità in base a un certo fatturato.
Si capirà tutto entro stasera, quando il decreto approderà sul tavolo del presidente Napolitano per la firma finale. Intanto c’è da registrare lo scontento pressoché unanime dei farmacisti, titolari e non. Riunita in assemblea permanente da venerdì, l’altro ieri Federfarma ha proclamato per il 1 febbraio un giorno di sciopero (garantiti turni e servizi essenziali) e ne ha promessi altri per le settimane successive, a meno di un «urgente intervento del Parlamento perché siano introdotte modifiche al provvedimento». Per il sindacato, infatti, il decreto è nei suoi contenuti «contrario a una riforma equilibrata, poiché eccessive aperture destabilizzano il sistema» e rivela la «determinazione del Governo di distruggere la rete delle farmacie».
Sull’altro versante, quello delle parafarmacie, domina la delusione per il mancato allargamento della deregulation sugli etici non rimborsati. «L’aumento del numero delle farmacie» è la riflessione del Movimento nazionale liberi farmacisti «non è sufficiente per aumentare la concorrenza nel settore. La raccomandazione di alcune settimane fa dell’Antitrust per la liberalizzazione della fascia C non è stata ascoltata. Per quanto riguarda i giovani, non riusciranno a ottenere le nuovi sedi e continueranno a rimanere ai margini della professione». «Siamo contrariati e demoralizzati» è il commento dell’Anpi «non resta che combattere al meglio la battaglia della conversione in legge del decreto per far sì che la guerra non ci veda annientati».
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