Politica e Sanità
27 Gennaio 2012Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto sulle liberalizzazioni, il fondo di solidarietà per le farmacie ubicate nei centri con meno di mille abitanti dovrebbe cominciare a prendere forma e l’Enpaf mettersi al lavoro per definire quote contributive e modalità di versamento. Perché la Fondazione si faccia carico dell’operazione, tuttavia, è prima indispensabile che in sede di conversione siano apportate al decreto alcune modifiche. E’ l’avvertenza che arriva dal Consiglio di amministrazione dell’ente all’indomani della pubblicazione del testo in Gazzetta ufficiale: dato che il Governo non ha voluto consultare preventivamente l’Enpaf, le incongruenze del provvedimento dovranno essere corrette nel passaggio alle Camere.
Quali incongruenze? Le passa in rassegna la lettera che ieri il presidente dell’istituto di previdenza, Emilio Croce, ha diffuso agli Ordini provinciali per sensibilizzarli sulla questione. A parte alcune limature formali (il comma parla prima di comuni e poi di centri abitati, «che hanno definizione diversa sul piano normativo») l’Enpaf chiede ritocchi sostanziali su due passaggi del testo: per cominciare, laddove si specifica che il fondo deve garantire al titolare un reddito non inferiore al 150% del reddito conseguito dal collaboratore di farmacia con due anni di servizio, l’Enpaf propone che si parli di «lordo» anziché di «netto». Secondo: il decreto dovrebbe precisare le modalità di versamento del contributo a carico delle farmacie urbane, e per l’ente la scelta più ovvia è quella di appoggiarsi agli stessi meccanismi già esistenti per la riscossione dei contributi previdenziali obbligatori. Agli ordini “inoltrare” i desiderata ai parlamentari di Camera e Senato.
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