Politica e Sanità
10 Maggio 2012Per le aziende italiane l’accesso al credito continua a essere difficile. L’indicazione arriva dalla Banca d’Italia, che a marzo registra una crescita dei prestiti alle società non finanziarie negli ultimi dodici mesi pari a zero. È la conferma di una frenata già evidente a febbraio, quando i crediti erano cresciuti di appena lo 0,9%, a sua volta indizio delle difficoltà che sta attraversando il sistema bancario italiano.
Per le farmacie l’aggiornamento di Bankitalia rappresenta un campanello di allarme da tenere in debito conto, perché arriva in un momento in cui liberalizzazioni e accentuazione dei fenomeni competitivi nel mercato della salute impongono ai titolari investimenti o capitalizzazioni. Lo ha ricordato soltanto domenica scorsa - nel convegno organizzato a Cosmofarma da Laboratorio Farmacia - Franco Falorni, commercialista e docente di economia d’impresa a Pisa: «Avremo farmacie ricche e farmacie povere» è la sua analisi «cioè farmacie che potranno investire perché sono ben capitalizzate o hanno i fondamentali per reperire risorse sul mercato del credito, e farmacie che non potranno farlo. Forse va rivoluzionato il modo con cui oggi si valuta lo stato di salute economico dell’azienda farmacia: i commercialisti non dovrebbero valutarne solo il conto economico ma anche lo stato patrimoniale, cioè la cassa».
E a proposito di fondamentali, è stato esplicito Claudio Ciampi, amministratore delegato di Credifarma: «I titolari devono infondere maggiore virtuosismo nelle loro imprese. Il mio lavoro mi ha portato a sfogliare i conti di migliaia di farmacie e troppo spesso ho visto bilanci che denunciavano imprese impoverite dai loro stessi farmacisti al solo scopo di massimizzare i guadagni. Non sempre per tornaconto personale, talvolta l’obiettivo era anche quello di accantonare risorse per investimenti in altri settori. Questa linea però oggi non è più sostenibile, il titolare non può indebitare pesantemente la farmacia, che è un’impresa e quindi ha bisogno di capitale. Gli utili vanno lasciati nell’azienda perché solo un’azienda sana può sperare di avere credito».
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