Politica e Sanità

25 Luglio 2012

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A Genova si torna a parlare di privatizzazione delle farmacie comunali. Il tema è stato trattato lunedì in una riunione di lavoro dell’amministrazione municipale, nel corso della quale si è proceduto a una stima dei ricavi che arriverebbero dall’eventuale vendita: dai 6 agli 8 milioni di euro per 11 esercizi, che spediscono circa 210.000 ricette e 475.000 scontrini all’anno.
E’ da circa due anni che a intervalli regolari il comune di Genova mette sul tavolo la cessione delle sue farmacie. Riflessioni dettate dai problemi di bilancio della città, che ora deve anche fare i conti con le perdite della municipalizzata: fino all’anno scorso i bilanci non davano problemi, nel 2011 invece le farmacie hanno chiuso con un passivo contenuto ma comunque preoccupante. Nella giunta di sinistra che governa il capoluogo, tuttavia, l’ipotesi della vendita o della cessione in appalto fa fatica a trovare largo consenso. Ed è a questo appiglio che si aggrappano i titolari genovesi. «Per noi le farmacie devono restare del comune» afferma Giuseppe Castello, presidente di Federfarma provinciale «sappiamo che durante la campagna elettorale, alle ultime amministrative, l’attuale sindaco aveva assicurato ai dipendenti delle comunali che non sarebbero state privatizzate. Speriamo mantenga la parola, anche se sappiamo che la politica ha le sue logiche e il comune ha problemi di bilancio piuttosto consistenti».
Se l’obiettivo è risanare i conti, il comune di Genova rischia però di rimanere deluso: tra crisi e liberalizzazioni, infatti, le farmacie municipali non sono più quel “tesoretto” che un tempo attirava gli appetiti di multinazionali e grandi investitori. Confermano i casi sempre più frequenti di aste comunali disertate dai potenziali acquirenti: a Roseto degli Abruzzi, dove il comune vorrebbe dismettere la sua farmacia, ne sono già saltate due; a Cattolica, due esercizi in appalto, alla prima convocazione non si è presentato nessuno.