Politica e Sanità
30 Gennaio 2013Un forte impegno a difesa del Sistema sanitario nazionale. È quello che si è preso il Partito democratico ieri a Roma presentando il programma per la Sanità in 8 punti, le cui premesse sono tutte tese a difendere il patrimonio del Ssn universalistico. «La sanità è una priorità assoluta e non può essere messa sullo stesso piano di altri capitoli della spesa pubblica dello Stato, ma su un piano più alto di assoluta protezione», sottolinea Paolo Fontanelli, responsabile sanità del Pd, presente in sala insieme a Ignazio Marino, Amedeo Bianco e Annalisa Silvestro. «L''idea corrente è che il Ssn non regga più con le risorse oggi disponibili. Era la filosofia del governo Berlusconi e i riflessi di questo si sono visti anche nel governo Monti. Noi contestiamo radicalmente questo approccio basandoci anche innanzitutto sul confronto tra la spesa sanitaria in Italia e nel resto d''Europa. Non è vero, infatti, che in Italia la spesa sanitaria sia maggiore o eccessiva. Si tratta di scelte politiche e la nostra scelta è senza esitazione in difesa del Sistema sanitario nazionale pubblico»''. Le ricette per difendere il Sistema sanitario nazionale pubblico, vanno da un piano di rinnovamento strutturale e tecnologico per gli ospedali, alla riorganizzazione delle cure primarie, all’appropriatezza, e anche alla correzione di ''''alcune conseguenze negative nell''applicazione dei principi federalisti'''', oltre che a una forte ''operazione trasparenza'' e l''avvio di meccanismi che mettano fuori i partiti politici dalle nomine sanitarie. Prevista anche una nuova politica del farmaco, settore cruciale per l’assetto industriale del nostro Paese che “dovrebbe essere fortemente valorizzato e riorientato all’innovazione e alla ricerca. Ma per garantire questo l’Italia deve superare la cultura dell’emergenza permettendo alle aziende farmaceutiche una pianificazione delle loro attività su un periodo di 3-5 anni, evitando ripetuti e contraddittori interventi che destabilizzano e rendono il nostro Paese poco affidabile e poco appetibile per gli investimenti da parte delle grandi multinazionali. Va superata la concezione culturale del farmaco solo come fattore di spesa per la sanità”.
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