Politica e Sanità
14 Marzo 2013La distribuzione diretta dei farmaci in Emilia-Romagna ha permesso un risparmio di «oltre 230 milioni». Così nei gironi scorsi l’assessore regionale alla sanità Carlo Lusenti in risposta all’interrogazione di cinque consiglieri Pd, che riportava l''opinione di «alcune associazioni regionali del settore delle farmacie» secondo le quali «vi sarebbe una sopravvalutazione del reale risparmio ottenuto grazie alla distribuzione diretta». Lusenti nella sua risposta precisa che «per un valore dei farmaci erogati di circa 600 milioni il costo complessivo è stato di 365», un dato che rende la spesa delle Aziende sanitarie «del 30-50% inferiore rispetto al prezzo al pubblico» mentre nella distribuzione convenzionale «il margine per le imprese farmaceutiche è pari al 66,65%, al 6,65% per i grossisti e al 26,7% per i farmacisti». Il costo per pezzo della distribuzione diretta, prosegue l''assessore, è di 0,7 euro che possono scendere fino a 0,5, mentre la distribuzione per conto costa al Servizio sanitario regionale 4,74 euro al pezzo, cifra che sale a 6,24 euro per le farmacie a basso fatturato (salite dalle 284 del 2010 alle 326 del 2012). Grazie alla distribuzione diretta, conclude Lusenti, è possibile «un reale controllo di appropriatezza attraverso il costante raccordo con gli specialisti», nonché «esercitare un ruolo di farmacovigilanza e monitorare specifici obiettivi dei medici ospedalieri su categorie critiche dell''assistenza farmaceutica ospedaliera e territoriale». Di tutt’altro tenore un accordo appena concluso in Sicilia a Ragusa che favorisce la distribuzione diretta tramite le farmacie. «La distribuzione di farmaci tramite le farmacie è più agevole per il malato e la sua famiglia e meno costosa per il Ssn di quella effettuata tramite le strutture pubbliche», affermano il Commissario Straordinario, Angelo Aliquò e il Presidente della FederFarma locale Luigi Bianculli. «La distribuzione in farmacia assicura innegabilmente al malato il vantaggio di trovare il farmaco in un maggior numero di punti distributivi (78 farmacie convenzionate) e con orari di apertura più ampi» spiegano. In più c’è una serie di costi che vanno a sommarsi al costo di acquisto del farmaco e «vanificano il vantaggio che la Asp ha di pagare i farmaci a un prezzo di gran lunga minore di quello pagato dalla farmacia» continua la nota congiunta. Ed è proprio a questo secondo modello che fanno riferimento i titolari di farmacia come conferma il segretario nazionale di Federfarma Alfonso Misasi. Senza entrare nel merito della vicenda emiliana, Misasi ribadisce come la dpc faccia risparmiare «sia in modo diretto sia riflesso. Non so quali siano i conti di Lusenti» precisa «ma so che la diretta rappresenta un ticket occulto per i cittadini che si trovano costretti a fare ricorso a un sistema meno capillare di quello delle farmacie e in orari spesso poco comodi. In più» conclude «le Asl consegnano un numero di farmaci superiore a un costo superiore».
Marco Malagutti
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