Politica e Sanità

11 Giugno 2013

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Epatite A, Sars, influenza e Hpv, sono alcune delle criticità emergenti o già note, in cui la farmacia potrebbe avere un ruolo attivo per la vaccinazione e invece «è totalmente tagliata fuori». A dirlo è Carlo Ranaudo docente di Analisi di mercato presso la Facoltà di farmacia dell’Università Federico II di Napoli. «L’epatite A è cresciuta del 70% tra marzo-maggio 2013, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente» spiega l’esperto «e il ministero della Salute avverte che è necessario rafforzare la sorveglianza e avviare indagini sul territorio nazionale. La copertura vaccinale per l’influenza nella stagione invernale 2012-2013» prosegue «è stata più bassa del previsto, dunque il sistema evidentemente non ha funzionato come dovrebbe. Anche la campagna vaccinale contro il Papillomavirus dà risultati ben lontani da quelli che ci si aspettava. Dall’Istituto superiore di sanità, infine, arriva un appello a dare priorità alla copertura dei migranti per poter prevenire le malattie infettive ed eliminare le barriere di accesso ai vaccini». In questo scenario, sottolinea Ranaudo, «la farmacia italiana, il vero front office della sanità, con una capillarità e una competenza che tutti le riconoscono, è totalmente tagliata fuori da questo dibattito». Secondo l’esperto, invece, potrebbe avere un ruolo, per esempio nella vaccinazione anti-Hpv: «Oggi la Asl compra il vaccino dalle aziende a un prezzo tra i 50-60€ e un ciclo di 3 fiale costa circa 150-180€, mentre in farmacia il ciclo costerebbe quasi 500€. Tuttavia, i dati del 2008 danno una copertura sulle dodicenni del 68,5%, nel 2009 del 67,8%. Ma se l’Asl comprasse direttamente il vaccino, come fa già, e lo facesse distribuire per le fasce non coperte dalla vaccinazione obbligatoria dalle farmacie con la procedura della Dpc, ormai sperimentata da anni, la farmacia metterebbe a disposizione un servizio di counseling, competenze comunicative e provata capacità di sensibilizzazione della popolazione».