Politica e Sanità
31 Luglio 2013La pianta organica non c’è più? Non sembrerebbe così, piuttosto sembra continuare a esistere sotto una diversa forma di individuazione delle zone e con nuovi poteri per i consigli comunali. Una “gabbia organica” secondo l’analisi che segue del vicepresidente di Utifar Maurizio Cini, che presenta problematiche specifiche per le farmacie rurali poste in comuni di grande estensione territoriale ma con bassa densità demografica ma anche per le grandi città, dove la popolazione si sposta dai centri storici alle periferie o ai comuni limitrofi. Con problemi per l’assistenza farmaceutica alla popolazione residente nel centro abitato dal quale la farmacia si è trasferita.
“Non è vero che la pianta organica non c’è più, come molti hanno cercato di sostenere, c’è ancora ma ha cambiato nome. Ora si chiama “gabbia organica”. Al di là della battuta, la situazione appare molto seria. Per comprendere di cosa si tratta occorre ricordare che con il testo di legge noto come “Cresci Italia” sono stati sostituiti alcuni commi dell’art. 1 e l’intero art. 2 della legge 475/68 che costituiva, da 45 anni, la base di tutta l’organizzazione del servizio farmaceutico. Le modifiche apportate hanno consentito di sostenere, nei primi momenti dopo l’entrata in vigore, l’abolizione della pianta organica, sulla base dell’integrale novellazione dell’art. 2 che prevedeva la revisione biennale dello strumento programmatorio e ne attribuiva la competenza, dapprima al Medico provinciale e poi, con le singole leggi regionali, alle regioni. Il nuovo testo invece, pur ribadendo il concetto tipico della pianta organica, basato sul “quorum” stabilito dal nuovo 2° comma dell’art. 1 (una farmacia ogni 3300 abitanti in tutti i comuni), assegna ai comuni il potere di revisionare ogni due anni tale rapporto. I comuni divengono così destinatari del potere programmatorio che prima era delle regioni, mentre a questi era solo attribuito quello consultivo, per di più non vincolante, in sede di revisione delle piante organiche. Tali considerazioni hanno così permesso di sostenere in sede giurisdizionale: 1) che la pianta organica vive sebbene sotto una diversa forma di individuazione delle zone e, 2), che, spettando ai comuni il potere di individuare le nuove zone, e quindi di programmare sul territorio comunale la localizzazione delle nuove sedi, le decisioni in merito spettano al consiglio comunale e non alle giunte comunali, ai sensi del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D. Lvo 267/2000). Il quarto comma dell’art. 1 però recita: “Chi intende trasferire una farmacia in un altro locale nell''ambito della sede per la quale fu concessa l''autorizzazione deve farne domanda all''autorità sanitaria competente per territorio. Tale locale, indicato nell''ambito della stessa sede ricompresa nel territorio comunale, deve essere situato ad una distanza dagli altri esercizi non inferiore a 200 metri". Venendo meno la revisione biennale della pianta organica come atto in capo alle regioni, alcuni sostengono che le delimitazioni territoriali delle singole sedi, non “intaccate” dall’istituzione delle nuove in base al “quorum” di 3300 abitanti, non possano essere modificate mancando ora l’individuazione dell’autorità competente e, da qui, la logica conclusione che i confini delle sedi esistenti siano immodificabili. Le circoscrizioni, definite nell’ultima pianta organica, verrebbero a costituire così delle vere e proprie “gabbie”, delle quali è stata buttata la chiave. Nella foga demolitoria del “Cresci Italia” ci si è probabilmente dimenticati di questo particolare, tutt’altro che trascurabile mano a mano che si verificano, sul territorio, le condizioni che imporrebbero una ridelimitazione delle sedi esistenti al fine di rispondere proprio a quelle esigenze di “equa distribuzione” e di servizio alla popolazione residente nelle zone scarsamente abitate di cui al primo comma del nuovo art. 2. E’ il caso delle farmacie rurali poste in comuni di grande estensione territoriale ma con bassa densità demografica, come quelli dell’Appennino, dove la popolazione tende a migrare verso valle, abbandonando gli antichi borghi arroccati sulle pendici collinari. Non di meno possono verificarsi situazioni simili anche nelle grandi città dove, soprattutto dai centri storici, la popolazione residente tende a trasferirsi nelle periferie o nei comuni limitrofi. A distanza di più di un anno dal “Cresci Italia”, una lettura dell’art. 11 (quello che riguarda il servizio farmaceutico), anche sulla scorta di numerosi pronunciamenti giurisprudenziali, permette di rintracciare l’autorità competente a revisionare le piante organiche vigenti – e valide ai fini del trasferimento dei locali – nel comune, in quanto il testo novellato del secondo comma dell’art. 2 così recita: “Il numero di farmacie spettanti a ciascun Comune è sottoposto a revisione entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base alle rilevazioni della popolazione residente nel comune, pubblicate dall’Istituto nazionale di statistica.” Al “numero”, infatti, consegue sempre anche una zona, secondo uno schema operativo del tutto simile a quello previsto per le piante organiche, persino nella tempistica (entro il mese di dicembre di ogni anno pari). Il legislatore ha così voluto, seppur in modo fortemente discutibile, attribuire ai comuni i poteri prima esercitati dalle regioni e, in quelle in cui è stata disposta la delega, alle province (Emilia-Romagna e Marche). È quindi questo potere che i comuni possono e debbono esercitare, in tutte le situazioni nelle quali la sopravvivenza di una farmacia è condizionata dal suo spostamento verso i nuovi insediamenti abitativi o verso le arterie stradali di scorrimento. Così operando rimane, però, da affrontare la modalità da seguire per garantire un certo livello di assistenza farmaceutica alla popolazione residente nel centro abitato dal quale la farmacia si è trasferita. Non resta allora che trovare la soluzione nei dispensari farmaceutici, anche “forzando” la legge, o in efficienti servizi di consegna domiciliare a carico della farmacia trasferita”.
Maurizio Cini
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