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Politica e Sanità

27 Settembre 2013

Rapporto Ceis, cala la spesa farmaceutica diminuiscono i posti di lavoro


La spesa farmaceutica «in Italia è una delle più basse d’Europa, in questo senso serve una seria politica industriale». Lo sottolinea Federico Spandonaro, professore di economia sanitaria presso l''Università di Tor Vergata commentando i risultati del IX rapporto Ceis (Centre for economic and international studies) dell''Università di Roma "Tor Vergata", dal titolo "Crisi economica e sanità" presentato ieri. «Rispetto agli altri paesi dell''Europa a 12 è del 15% inferiore, a fronte di una più elevata età media. Il che si è tradotto in perdita dei posti di lavoro, ben 10.000 quelli venuti meno negli ultimi 5 anni. Nel ripensare le politiche industriali dovremmo valutare il saldo sociale tra risparmio da un lato e perdita di occupazione», aggiunge. Ma non è questo il solo dato emerso dal Rapporto: è in calo anche la spesa sanitaria che oggi è inferiore di quasi un quarto rispetto ad altri paesi che hanno lo stesso livello di sviluppo economico. Sproporzionato, inoltre, il peso degli investimenti privati in sanità, in particolare il loro contributo nel 2011 è stato del 61,2% a fronte però di una maggiore offerta strutturale da parte del pubblico. Diminuiscono, perciò, sia i disavanzi sanitari che i finanziamenti ed è da ripensare la politica industriale farmaceutica. L’87,2% del disavanzo, continua il Rapporto, deriva dalle casse vuote di Liguria, Lazio, Campania, Calabria e Sardegna. Aumentano invece le famiglie impoverite nelle Regioni sottoposte a Piano di Rientro: Calabria +7,8%, Lazio +4,7%, Campania +2,9%, Sicilia +1,5%, Sardegna +0,9%. I cittadini, dunque, pagano di tasca propria la costante riduzione della spesa sanitaria nazionale. A fronte di un Pil più basso "solo" del 9%, la spesa pubblica pro-capite in Italia è inferiore del 22,2%, rispetto agli altri paesi dell''Europa a 12, ovvero Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia. In termini nominali, nel 2011 il calo, che arriva per il secondo anno consecutivo, è stato dello 0,7% (a fronte dello 0,8% del 2010). «La sanità ha sostenuto una buona parte del risanamento dei conti italiani. Non si possono chiedere altri sacrifici. Il settore merita un segnale positivo forte», dice Amedeo Bianco, presidente della Fnomceo, la Federazione dei medici chirurghi e odontoiatri. «Basta con i tagli lineari, ora bisogna ripensare il sistema», è stato il commento del presidente di Assobiomedica Stefano Rimondi, «in caso contrario il rischio è che la nostra sanità passi dai livelli tipici di un paese in via di sviluppo, a una sanità da Terzo mondo». Sempre più piccole e sempre meno le aziende farmaceutiche, calate nel 2012 del 5%. Di pari passo si sono ridotti gli occupati: la media per ogni azienda è passata dai 283,6 del 2002 ai 210,3 del 2012. Ne risente l''innovazione farmaceutica, tanto che nel 2010 il numero dei brevetti prodotti è stato del -27% rispetto al 2009. Del 4,4% il calo complessivo dell''indotto industriale. «La domanda interna è in flessione anche in conseguenza delle politiche fin qui adottate. Questa tendenza non è più sostenibile per le aziende», è il commento del presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi.

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