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Politica e Sanità

16 Ottobre 2013

Indagine su equivalenti: pazienti e farmacisti favorevoli a diffusione


Monitorare il decorso della malattia con nuove tecnologie (88%), velocizzare la diagnosi (77%), aumentare il numero e la varietà dei farmaci disponibili (80%). Sono solo alcune delle speranze dei pazienti, secondo l’indagine “I percorsi di cura del futuro” - realizzata da Doxa Marketing Advice su un campione nazionale di 680 persone di età compresa tra 18-64 anni - i cui risultati sono stati presentati ieri a Milano. «Nei desideri degli intervistati» spiega Massimo Sumberesi, managing director della società demoscopica «il paziente è visto al centro di molteplici dimensioni, quali innovazione tecnologica, prevenzione, personalizzazione, semplificazione, condivisione della conoscenza (specie tra medico e assistito) e accessibilità alla cura». Sotto questo profilo, un contributo importante deriva dal farmaco equivalente. Dall’indagine emerge che il 90% del campione ha provato almeno una volta questi farmaci, nel 77% dei casi ne ha tratto un’esperienza positiva, traendone un atteggiamento positivo verso la diffusione (70%) e la propensione a un uso futuro (73%). «Resta un po’ di confusione sia sulla tollerabilità del farmaco a seconda degli eccipienti contenuti» aggiunge Sumberesi «sia a causa dell’errata convinzione che gli equivalenti siano adatti per disturbi banali e meno per malattie importanti». Lo studio Doxa ha approfondito anche il punto di vista dei medici di famiglia e dei farmacisti, i due canali fondamentali attraverso i quali i pazienti vengono a conoscenza dei farmaci equivalenti. Se tra i farmacisti si rileva una percezione positiva, «fa riflettere il dato secondo cui i medici si dividano tra chi è contrario e chi francamente favorevole, ma questi ultimi in una percentuale (61%) a mio avviso insufficiente e scientificamente ingiustificata» interviene Giuseppe Nielfi, presidente Sumai (Sindacato unico medicina ambulatoriale italiana). «Occorre allora proseguire l’opera di informazione per migliorare il rapporto con l’equivalente, una delle strade con cui si può rendere più sostenibile il nostro Ssn». «Quando si parlava di ‘farmaco generico’, si doveva parlare di ‘farmaco con nome generico’, cioè con il nome del principio attivo» spiega Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. «Oggi nessuno mette in dubbio che un farmaco con nome generico è equivalente a un farmaco con nome di fantasia».

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