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Politica e Sanità

15 Novembre 2011

Il Portogallo fa testo? Fino a un certo punto


Da novembre le farmacie lusitane potranno essere gestite anche da non farmacisti. Ma questa scelta è solo una delle possibili risposte alla necessità di migliorare un servizio farmaceutico ben diverso da quello italiano    


Il Governo Portoghese ha liberalizzato la titolarità delle farmacie, aprendo anche ai non farmacisti e alle società commerciali la possibilità di possedere farmacie. Il nuovo regime giuridico entrerà in vigore già dal 1 Novembre 2007.   Le farmacie dovranno avere, al loro interno, uno staff tecnico composto da almeno due farmacisti abilitati, di cui uno ricoprirà il ruolo di direttore responsabile incaricato della gestione, mentre l’organico complessivo dovrà tendenzialmente prevedere una maggioranza di farmacisti sul personale diversamente qualificato. Obiettivo dell’adozione di questa disposizione è quello di favorire, a detta degli organi di Governo Portoghesi, il graduale accrescimento professionale dell’istituto farmaceutico e, quindi, del servizio reso. E stato però previsto di escludere la grande distribuzione del settore farmaceutico istituendo una precisa incompatibilità tra l’attività di farmacia e quella di commercio all’ingrosso di prodotti farmaceutici. Incompatibili sono anche la professione medica e l’attività di laboratorio.  


Il Governo Portoghese ha giustificato l’adozione di questi provvedimenti con “la necessità di modificare un regime giuridico inadeguato e ingiustamente restrittivo di accesso alla proprietà”, aggiungendo, inoltre, che “l’eliminazione della riserva di proprietà delle farmacie ai farmacisti tiene conto dei recenti sviluppi Europei della questione e, contemporaneamente, della realtà nazionale del Portogallo”. Il tema, ovviamente, si riallaccia a quello che costituisce il fulcro della controreplica dell’Avvocatura dello Stato nella causa che la Commissione europea ha avviato nei confronti dell’Italia, della quale si è dato conto nel numero di farmacista 33 di ieri 19 settembre. Infatti vi è un richiamo esplicito, oltre che all’ormai immancabile libertà di impresa, alla realtà nazionale del Portogallo. Pur senza entrare in un esame dettagliato del servizio sanitario portoghese, è facile far notare come si tratti di una realtà differente da quella italiana, che conta da tempo su un servizio farmaceutico a diffusione capillare, integrato in un servizio sanitario universalistico. Di fronte alla necessità di ovviare a carenze del servizio farmaceutico, è evidente il diritto del Portogallo ad applicare il principio di sussidiarietà, cioè di agire come più ritiene opportuno per garantire la salute dei suoi cittadini. Diviene però fuorviante far credere che il modello adottato debba divenire il riferimento per tutta l’Unione europea, indipendentemente dalle situazioni di partenza.

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