Indagine sui farmaci, Cittadinanzattiva: scarsa compliance e poca informazione
Scarsa aderenza alle terapie e informazione insufficiente sono i principali problemi che contraddistinguono il rapporto dei cittadini italiani con i farmaci, secondo l'Indagine civica sull'esperienza dei pazienti con patologie croniche rispetto all'uso dei farmaci, con focus su biologici e biosimilari, presentata ieri da Cittadinanzattiva attraverso il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici (Cnamc). Tra i principali dati evidenziati dal rapporto c'è la scarsa compliance in particolare nei politrattati: oltre la metà dei pazienti assumeva dai 2 ai 3 farmaci al giorno, il 10,5% anche più di quattro e circa un paziente su cinque dimentica di assumere la terapia e uno su sette sbaglia il dosaggio. Il 22% ha interrotto la terapia, per una media di 12 giorni, nella maggior parte dei casi a causa di una reazione allergica (22,6%) o perché inefficace (20,4%), per i costi a carico dei cittadini (16,4%) o perché il farmaco non era disponibile in farmacia (14,5%). Una quota più bassa ha interrotto o non ha iniziato la cura per scetticismo (56,5%), per complessità (13%), o ancora perché si tratta di terapie che se intraprese dureranno tutta la vita e che quindi scoraggiano il paziente (11,6%). Pesano anche la cattiva comunicazione tra medico e pazienti e gli spostamenti fuori dalla Regione di residenza. Secondo Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del Cnamc «è importante agire sulle cause, perché l'aderenza alla terapia garantisce più alti livelli di salute della collettività e contribuisce alla sostenibilità del Ssn attraverso l'ottimizzazione delle risorse economiche. Si tratta prima di tutto di migliorare la comunicazione tra medici e pazienti; c'è poi il problema dei costi di cui i cittadini si devono far carico: per i ticket, per l'acquisto di farmaci in fascia C, ma ci sono anche costi indiretti». E poi va snellita la burocrazia «per la prescrizione, per il piano terapeutico, per l'individuazione dello specialista. Il percorso per accedere alle terapie» commenta Aceti «è complicato e andrebbe fatto un piano di semplificazione, mantenendo ovviamente garanzie rispetto agli aspetti clinici ed economici». L'indagine ha poi mostrato una diffidenza degli italiani verso gli equivalenti e un scarsa conoscenza dei biologici e biosimilari. Sono informati dal medico o dal farmacista circa l'esistenza dei generici, sanno che costano meno (il 30% li riconosce dal prezzo e dalla dicitura sulla confezione), ma considerano quello di marca più efficace (33,4%) o sono influenzati dallo scetticismo di una parte di medici (30,8%) che sostiene che non sono uguali. Quasi la metà dei pazienti (47,3%) non cambierebbe la terapia che sta assumendo con quella equivalente o ha dubbi nel farlo (21,6%). Meno chiarezza invece sul fronte dei farmaci biologici: un 17,5% non sa cosa sia e oltre il 41% non sa cosa sia un biosimilare. Il 45,4% degli intervistati ha assunto un farmaco biologico e solo il 4% assume invece un biosimilare ma molti non sono certi se il farmaco che stanno assumendo sia biologico o biosimilare (38,6%). Il documento secondo Aceti dovrebbecostituire «il riferimento per le istituzioni, a partire dall'Aifa, al fine di assumere decisioni in ambito farmaceutico che conducano a reali miglioramenti».
Renato Torlaschi
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