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Farmacisti

05 Maggio 2022

Carenza di organico nelle farmacie, tra fuga dalla professione ed evoluzione del farmacista


In Italia fra aprile e giugno 2021 quasi mezzo milione di persone ha dato le dimissioni, secondo le rilevazioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Le ricadute nel mondo della farmacia


"Clienti arrabbiati, tanto lavoro e orari più lunghi sfiniscono i farmacisti", così titolava il New York Times in un lungo articolo apparso online a febbraio del 2022. Poi all'inizio di aprile George Mackinnon, decano del Medical College della Wisconsin School of Pharmacy, su Pharmacy Times ritorna sul tema: "Il burnout dello staff delle farmacie impatta sulla sicurezza del paziente". La situazione dei farmacisti oltreoceano sembra decisamente risentire dei due anni di pandemia. Ma come siamo messi in Italia?

Lavoro: tanta offerta, poca domanda. Un fenomeno in crescita

In Italia fra aprile e giugno 2021 quasi mezzo milione di persone ha dato le dimissioni, secondo le rilevazioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. A queste cifre ha probabilmente dato un contributo anche il comparto farmacia, perché il dato più avvertito assume criteri oggettivi: i titolari di farmacia non riescono più a trovare farmacisti disponibili. Da circa un anno il rapporto domanda/offerta è sbilanciato sull'offerta e le prospettive non sembrano essere rosee. La transizione demografica sta causando una voragine dietro al bancone, dal momento in cui al pensionamento delle classi d'età del secondo dopoguerra non corrisponde un ingresso nel mondo del lavoro di neolaureate/i. È in atto un doppio fenomeno: da un lato c'è una fuga dalla farmacia verso altri sbocchi lavorativi (scuola, soprattutto), dall'altro si assiste al passaggio da farmacista dipendente a libero professionista.

Le ragioni del fenomeno: pandemia, orari di lavoro, nuove mansioni

Quali sono le ragioni di questo fenomeno senza precedenti per la farmacia italiana? Innanzitutto, il carico lavorativo dei due anni di pandemia. Da marzo 2020 ad oggi le farmacie non si sono mai fermate, ma hanno continuato ad operare, spesso rinunciando alle ferie. Inoltre, alle mansioni consuete, si sono aggiunte nuove incombenze: tamponi, rilascio e stampa di green pass e vaccinazioni Covid. Questo ha causato un'estensione dell'orario di operatività, spesso senza ampliamento dell'organico. Tuttavia, la pandemia è stata probabilmente solo la scintilla che ha reso evidente una tendenza precedente, le cui radici sono più profonde. Il lavoro del farmacista risente di un salario molto più basso rispetto agli altri sanitari. Lo stipendio medio si aggira sui 1400 euro al mese, meno di un infermiere (gli ultimi aumenti porteranno i CCNL base a 1600 euro/mese netti - fonte Nurse24.it) e molto meno di un medico (mediamente 6000 euro mensili lordi - fonte truenumbers.it). Le recenti modifiche al Ccnl vanno nella giusta direzione, ma risultano ancora troppo basse per convincere chi è in cerca di maggiore soddisfazione lavorativa. I pochi stimoli, l'assenza di scatti lavorativi e la sensazione di fare un lavoro diverso da quello per cui si è studiato sono motivi che spingono a cambiare. Così come per altri lavori, infatti, il lockdown e le limitazioni agli spostamenti hanno fatto riscoprire il piacere di stare a casa assieme ai propri cari. Questo ha giocato a sfavore del lavoro del farmacista, che ha un orario distribuito in maniera storicamente scomoda, a partire dalle donne, che spesso faticano a conciliarlo con la vita familiare. Ultima ma non per (de)merito, va ricordata l'Università: in 5 anni siamo passati da 5373 laureati (2015) a 4480 (2020), un crollo del 17% (dati Almalaurea) causato dal blocco degli esami di ammissione.

Il nodo Enpaf: indecisi si cancellano dall'albo

L'Enpaf è un altro dei motivi che porta molti farmacisti indecisi a cancellarsi dall'ordine professionale, mettendo fine di fatto alla propria carriera dietro al bancone. L'obbligo della doppia contribuzione (Inps ed Enpaf) per i collaboratori (ancorché esiste la possibilità di pagare "solo" il contributo di solidarietà) è un retaggio vecchio di 76 anni, ancora in vigore e di difficile comprensione. La mancanza di proporzionalità e libera scelta sono nodi da sciogliere su cui si attende da anni un intervento del Governo nella direzione di una semplificazione, a vantaggio di chi è in posizione economicamente più sfavorevole.

Le vie di fuga: percorsi professionali e rapporti di lavoro alternativi

I farmacisti che abbandonano il bancone sembrano preferire il lavoro come insegnanti nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. Un orario più favorevole, la presenza di permessi e la soddisfazione del contatto con gli alunni hanno creato un mix attraente, agevolato dalla riapertura delle classi di concorso. Questo ha dato la possibilità di fare la propria esperienza scolastica anche a chi non vi aveva mai messo piede, e a quanto pare non intende tornare indietro. Parallelamente, alle dimissioni sono seguite molte aperture di partita IVA, con l'inizio della professione di farmacista libera professionista (o "Farmacista Freelance", dal nome di un popoloso gruppo Facebook che fa da collettore informativo sul fenomeno). L'accesso ad una retribuzione più simile ai medici (25-40 euro all'ora contro 50-100 dei medici freelance e degli infermieri-tamponatori), la possibilità di lavorare su più luoghi e di gestire in autonomia la propria agenda hanno generato nuova soddisfazione per farmaciste/i che, dopo 20 anni nella stessa farmacia, iniziavano a soffrire la monotonia. Questo modo di lavorare inoltre offre la possibilità di poter impiegare la propria professionalità in molti modi, come ad esempio consulenze e attività sul web. Il successo dei/delle freelance è reso evidente dalla nascita di società che si pongono come intermediari tra loro e le farmacie (oppure le catene di farmacie): un modo per poter far incontrare domanda e offerta, riempiendo l'agenda del libero professionista (che per certi versi di fatto ritorna ad essere dipendente).

Le vie di evoluzione della professione: prospettive future del farmacista

Questo passaggio non sarà sicuramente indolore per il mondo della farmacia italiana. Se da un lato i farmacisti non titolari stanno trovando maggiore soddisfazione investendo su sé stessi, i titolari soffrono la mancanza di manodopera (alcuni hanno già dovuto intervenire sugli orari d'apertura, facendo marcia indietro). Inoltre, la disponibilità di un freelance che "tappa i buchi" all'occorrenza consente di continuare a lavorare normalmente, ma è diverso dall'avere un dipendente con cui costruire un rapporto di fiducia e riconoscimento reciproci che dura nel tempo. Lo stesso Mackinnon nell'intervista a Pharmacy Times, sottolinea che tutto questo ha come conseguenza un peggioramento del servizio e quindi della salute del cittadino. Le strade su cui investire sembrano essere quelle di un maggiore riconoscimento della figura del farmacista collaboratore. In termini economici, va migliorato lo sforzo fatto nell'adeguamento del Ccnl, avvicinandolo ulteriormente a quello di altri sanitari. In termini di responsabilità, concedendo ai farmacisti di fare il loro lavoro nel seguire i malati cronici, migliorare la compliance e controllare attivamente la riconciliazione farmacologica (come raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità). Infine, si deve proseguire con decisione sul cambio di remunerazione, legandola all'atto professionale, come iniziato a fare con le vaccinazioni. Solo investendo nei valori fondanti del lavoro del farmacista si possono attrarre le nuove generazioni verso una professione tanto difficile quanto importante per il Sistema Sanitario Nazionale.

Sergio Cattani
Farmacista e consulente

TAG: FARMACISTI, LAVORO, MINISTERO DEL LAVORO

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