Vaccini
13 Luglio 2023 La Corte europea boccia integralmente il ricorso di un giudice del Lavoro per un’infermiera sospesa dal lavoro perché non vaccinata che ha chiesto il reintegro al lavoro
La Corte di Giustizia dell'Ue ha respinto integralmente, in quanto "irricevibile", la domanda presentata da un giudice del Lavoro di Padova, che ha chiesto se l'obbligo di vaccinazione contro il Covid-19 a carico del personale sanitario fosse contrario al diritto dell'Ue. La vicenda nasce dal ricorso di una infermiera del servizio di neurochirurgia dell'ospedale universitario di Padova che, guarita dal virus, godeva di una immunità naturale e, pertanto, aveva rifiutato di vaccinarsi. Il Tribunale di Padova ha sottoposto il caso alla Corte Europea.
Infermiera guarita da Covid-19, ma non vaccinata, si è rivolta al tribunale per tornare al lavoro
Il 16 settembre 2021 il Policlinico universitario di Padova aveva comunicato all’infermiera la sospensione, con effetto immediato e senza diritto alla retribuzione. Questo perché di fatto violava l'obbligo vaccinale del personale sanitario (art. 4 del DL n. 44/2021 comma1) e per il Policlinico era stato “impossibile assegnarle altri incarichi che non comportassero un rischio di diffusione del virus” (ai sensi dell’articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 44/2021). Inoltre, “la sospensione doveva terminare alla data di adempimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, al completamento del piano vaccinale, ma non poteva in nessun caso essere mantenuta oltre il 31 dicembre 2021, sebbene quest'ultima data sia stata più volte posticipata”.
“Con ricorso d’urgenza proposto il 14 ottobre 2021” l’infermiera “ha chiesto al giudice del rinvio di essere riammessa in servizio presso l’ospedale universitario sostenendo, in particolare, da un lato, che l’articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 sarebbe stato contrario, sotto vari profili, alla Costituzione italiana nonché alla normativa dell’Unione e, dall’altro, che ella sarebbe divenuta naturalmente immune a seguito della guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2”.
Il tribunale di Padova decide di sottoporre il caso alla Corte Europea
A questo punto, secondo il giudice “le autorizzazioni all’immissione in commercio dei vaccini contro la COVID-19 sono condizionate ai sensi del regolamento n. 507/2006. Secondo detto giudice, alla luce delle nuove emersioni mediche e delle nuove acquisizioni in termini di medicinali a disposizione, non pare irragionevole interrogarsi sulla validità, alla luce dell’articolo 4 del regolamento in parola, di tali autorizzazioni concesse dalla Commissione europea previo parere dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), specie in considerazione dei diritti fondamentali in gioco, ossia l’integrità fisica e la salute, tutelati in particolare dagli articoli 3 e 35 della Carta”.
Inoltre, il giudice del rinvio ha chiesto “se il regolamento 2021/953, in combinato disposto con i principi di proporzionalità e di non discriminazione, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone un obbligo vaccinale contro la COVID-19 agli esercenti le professioni sanitarie laddove, da un lato, consente a una categoria di professionisti che ne sono esentati per ragioni mediche di continuare ad esercitare le loro attività rispettando i presidi di sicurezza previsti da tale normativa, senza tuttavia dare ai professionisti che non intendono assumere il vaccino la stessa possibilità”.
Il Tribunale ordinario di Padova ha deciso quindi di sospendere il procedimento e di sottoporre il caso, suddiviso in sette “questioni pregiudiziali” alla Corte Europea.
La risposta della Corte Europea: “irricevibile” la domanda presentata dal giudice del rinvio
Nella risposta la Corte ha evidenziato che “né l’ordinanza di rinvio, né il fascicolo presentato alla Corte consentono di comprendere in che modo il fatto di mettere in discussione la validità delle autorizzazioni condizionate possa incidere sull’esito della controversia di cui al procedimento principale che, in effetti, appare dipendere non già dalla validità delle suddette autorizzazioni, bensì dalla legittimità – contestata da D.M. – dell’obbligo vaccinale previsto all’articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 e delle sanzioni che tale disposizione stabilisce in caso di inosservanza dello stesso”.
La Corte Europea ha aggiunto anche che “per quanto riguarda i principi di proporzionalità e di non discriminazione menzionati dal giudice del rinvio, occorre rilevare che risulta dai considerando da 12 a 14 e dall’articolo 1 del regolamento 2021/953 che, benché detto regolamento intenda attuare tali principi, ciò avviene allo scopo di agevolare l’esercizio del diritto alla libera circolazione da parte dei titolari dello stesso diritto istituendo un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19”.
Concludendo che “la presente domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfa, […], i requisiti previsti dall’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura” e“in ogni caso, deve sussistere un collegamento tra la controversia di cui al procedimento principale e le disposizioni del diritto dell’Unione delle quali si chiede l’interpretazione, tale per cui detta interpretazione risponda ad una necessità oggettiva ai fini della decisione che dev’essere adottata dal giudice del rinvio”
La Corte europea ha quindi indicato come “irricevibili” tutte le “questioni pregiudiziali” sottoposte dal giudice italiano, respingendo integralmente il ricorso.
Bibliografia
https://curia.europa.eu/juris/document/document_print.jsf?mode=req&pageIndex=0&docid=275386&part=1&doclang=IT&text=&dir=&occ=first&cid=872694
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