Farmacia
16 Dicembre 2023 I risultati di una indagine dell’ufficio studi di Confcommercio sui presidi di prossimità. Sensibile il calo nell’ultimo decennio
Non si arresta il processo di desertificazione di attività di commercio al dettaglio che interessa il tessuto urbano del nostro Paese, con un numero di negozi in continua diminuzione e una tendenza più marcata nei centri storici. Mentre si confermano in controtendenza farmacie e parafarmacie, che continuano a rappresentare un presidio di prossimità di riferimento per i cittadini. Il quadro che emerge dagli ultimi dati - sia pure parziali - presentati dall'Ufficio Studi di Confcommercio - sta attirando sempre più attenzione.
In undici anni perse quasi 120.000 attività di commercio al dettaglio
I dati raccolti da Confcommercio - con aggiornamento al terzo trimestre del 2023 - sono quelli che confluiranno, a inizio anno prossimo, nel Report annuale e di fatto confermano trend già messi in luce, enfatizzati ulteriormente dalla crisi – pandemica, energetica ed economica. A emergere è la perdita dalle città italiane di quasi 120.000 attività di commercio al dettaglio dal 2012 a oggi – vale a dire in quasi undici anni; sono quasi 100mila se considerano i dati a fine 2022, mettendo in evidenza di fatto un incremento nella scomparsa delle attività che si è protratto nel 2023.
Nello specifico, rispetto alla precedente rilevazione, le attività di commercio al dettaglio sono passate da 555.341 di fine 2022 alle 540.452 del terzo trimestre 2023, con una diminuzione che ha interessato anche alberghi, bar, ristoranti, passati da 328.408 a 326.564 - anche se rispetto al valore di 318.133 del 2012 sono in numero maggiore.
La riduzione di attività tradizionali è più accentuata nei centri storici di città medie
Si conferma poi un fenomeno che era già stato rilevato: la forte riduzione di attività tradizionali risulta accentuata nei centri storici delle città di media dimensione, con negozi di libri e giocattoli che, nel periodo considerato, segnano un -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%, a fronte invece di una crescita dei servizi di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%), ma anche delle attività legate a computer e telefonia (+10,8%), rimarcando così l’evoluzione del tessuto commerciale verso servizi e tecnologie. E, nel complesso, continuano a essere in controtendenza anche farmacie e parafarmacie: negli ultimi dieci anni hanno registrato un aumento complessivo del 12,6%, pur con variabilità territoriali.
C’è poi un «terzo elemento che viene sottolineato dall’analisi: le città metropolitane sembrano essere caratterizzate da una struttura commerciale più equilibrata ed efficiente che contempera servizi ai residenti con un ampliamento dell’offerta turistica in senso lato».
Cambia il volto delle città: aumentano city user e servizi a loro dedicati
La desertificazione a cui si assiste non cessa comunque di preoccupare: «La presenza delle attività commerciali nelle nostre città non è solo un fatto economico e non interessa solo gli esercenti, ma è parte essenziale della vita sociale e dell’identità stessa delle nostre comunità. Per questo, il drammatico ed evidente processo di desertificazione di intere aree urbane insieme alla mutazione forse irreversibile delle tipologie commerciali sono fenomeni a cui prestare attenzione», ha detto il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, intervenuto all’incontro in cui sono stati presentati i dati.
Questi trend «vanno oltre la crisi legata alla pandemia e certificano un vero e proprio rischio per la tenuta sociale delle città. Un esercizio di vicinato che chiude rappresenta una “ferita” nello spazio fisico della città, comportando perdita di posti di lavoro e riduzione dei luoghi di aggregazione, e aumentando anche il senso di degrado e di insicurezza per i cittadini». Il volto stesso delle città è in cambiamento «con la diminuzione della popolazione e dei residenti urbani, da un lato, e dall’altro con l’aumento dei cosiddetti “city users” ai quali siamo chiamati ad offrire nuovi servizi». La chiave di volta deve essere la «rigenerazione urbana che ci permetterà non soltanto di mantenere le attività commerciali che rischiano di chiudere, ma anche di aprirne altre, rendendo più vivibili interi quartieri delle nostre città». Costruire un ambiente urbano sostenibile, valorizzare le economie di prossimità e cogliere tutte le opportunità offerte dalle risorse previste dal Pnrr per il finanziamento di progetti strategici per comuni e città sono strade che potrebbero aiutare. «Dei 235 miliardi che compongono il PNRR, circa 11 vedono quali soggetti attuatori le Città Metropolitane e i loro Comuni capoluogo».
Tra periferia e centro storico: la mappa di farmacie e parafarmacie
A ogni modo, entrando poi nello specifico delle farmacie, emerge, come detto, una crescita: a seconda delle città, il trend può interessare tanto le periferie quanto i centri storici. Per fare qualche esempio, sulla base dei dati aggiornati a fine 2022, la lombarda Bergamo vede passare il numero di farmacie e parafarmacie del centro (CS) da 4 del 2012 a 5 del 2022, mentre quelle fuori dal centro (NCS) crescono da 34 a 36. A Sondrio, il trend interessa soprattutto il centro: si passa da 2 del centro (CS) e della periferia del 2012, a 5 nel centro. A Pavia si va da 24 presidi nella categoria CS e 9 NCS del 2012 a, rispettivamente, 31 e 13 del 2022. Cambiando regione, a Genova si va dai 48 del 2012 ai 50 del 2022 presidi nel centro storico, mentre al di fuori del centro si passa da 167 a 176. A Bari si va da un dato di 10 nel centro e 18 fuori del 2012 a un dato, nel 2022, rispettivamente di 12 e 31.
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