Farmaci
14 Novembre 2023 Il nuovo anticorpo monoclonale (Lecanemab) per il trattamento dell’Alzheimer è in valutazione al CHMP dell’EMA. Si attende l’approvazione per inizio 2024
L’anticorpo monoclonale lecanemab, che agisce contro l'Alzheimer riducendo le placche di beta-amiloide, è attualmente in valutazione presso Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) dell’Ema (l’Agenzia europea dei medicinali) e potrebbe ottenere l’approvazione per l’immissione in commercio nel mercato europeo nel primo trimestre del 2024. Il prodotto è stato sviluppato da Biogen e Eisai ed è stata presentata la domanda di autorizzazione europea ad inizio anno.
Lecanemab: approvato negli USA, si attende ok per Europa
"Sull'Alzheimer abbiamo avuto una svolta con lecanemab – commenta Christopher A. Viehbacher, presidente e Ceo di Biogen, all’Adnkronos. Abbiamo scoperto che avevamo l'anticorpo giusto per poter introdurre abbastanza farmaco nel cervello e ridurre le placche di beta-amiloide da poter effettivamente vedere un beneficio cognitivo. E ora sappiamo anche che prima trattiamo - prima che troppi neuroni muoiano - e meglio è”. Lecanemab "è stato il primo ad avere la piena approvazione negli Stati Uniti E ora dobbiamo continuare a lavorare su altre cose. Oggi sappiamo che in realtà quando si manifestano i sintomi è quasi troppo tardi. E che le placche si iniziano a sviluppare 10-20 anni prima di manifestare un sintomo”.
Per quanto riguarda l'Europa, “la richiesta di autorizzazione per il farmaco è stata presentata alla Agenzia europea del farmaco nel gennaio di quest'anno. E se tutto andrà bene, ci aspetteremo di ottenere l'approvazione nel primo trimestre del 2024", annuncia Viehbacher. "Prevediamo che per i prossimi 25 anni Biogen sarà coinvolta in modo significativo nella ricerca di nuovi trattamenti per questa malattia, oltre a fornire la terapia attuale". Infatti, “Ci aspettiamo di presentare in Ue anche la formulazione sottocutanea", di lecanemab-irmb, e gli altri progetti su cui su cui l’azienda sta lavorando.
Trial in corso per scoprire precocemente i sintomi e prevenire il ritorno delle placche
Nel 2022, i risultati condivisi avevano mostrato, per il trattamento del declino cognitivo lieve dovuto al morbo di Alzheimer (AD) e AD precoce con presenza confermata di patologia amiloide nel cervello, che il farmaco aveva ridotto del 27% il declino clinico (scala cognitiva e funzionale globale, CDR-SBc), rispetto al placebo a 18 mesi (Farmacista 28 settembre 2022).
È stato poi avviato uno studio, chiamato 'Ahead', per esaminare i pazienti prima che manifestino i sintomi. Infine, un altro trial sta valutando il problema del ritorno delle placche. A questo proposito prosegue il presidente, "stiamo esaminando una terapia di mantenimento che permetta di trattare i pazienti in modo da evitarlo".
Dal momento che i pazienti assumeranno questi farmaci più a lungo, è stato preso in considerazione anche il problema 'logistico': "In questo momento il paziente deve andare in un centro per l'infusione ogni due settimane. Come possiamo rendergli la vita più facile? Per questo abbiamo sviluppato un'iniezione sottocutanea lecanemab-irmb (Ndr) e la sottoporremo ad approvazione l'anno prossimo", dice il manager.
Alzheimer, una malattia difficile da contrastare
Continua Viehbacher: "L'Europa ha una popolazione più anziana rispetto alla maggior parte delle altre parti del mondo e l'Alzheimer è dunque un problema sanitario molto importante. Facciamo moltissima ricerca clinica in Europa".
"Biogen e molte aziende anche più grandi hanno speso decine di miliardi di dollari per trovare una terapia per questa malattia. E inizialmente tutti hanno fallito. Ed è proprio a causa di questi fallimenti che la comunità neurologica ha iniziato a chiedersi se valesse la pena provare a rimuovere le placche amiloidi. I problemi da affrontare sono stati diversi: portare il farmaco al cervello che è ben protetto dalla barriera ematoencefalica; capire i pazienti giusti trattare, perché le placche stesse non causano il problema, ma creano una reazione biochimica che inizia a uccidere i neuroni. E una volta che si sono persi troppi neuroni, è molto difficile ottenere qualsiasi tipo di beneficio. Quindi le prime decisioni risentivano di queste problematiche".
Per quanto riguarda invece la 'lotta' contro altri fattori implicati nell'Alzheimer, "abbiamo appena dimostrato che un nuovo farmaco inibisce la Tau". È un'osservazione che è stata fatta in "un piccolo numero di pazienti ed è allo stadio iniziale, ma abbiamo visto miglioramenti davvero significativi nell'Alzheimer. Quindi ora spenderemo centinaia di milioni di dollari nei prossimi anni per dimostrare che anche la riduzione dei grovigli di proteina Tau ha dei benefici. Crediamo in tutti questi farmaci? Sì, davvero. E continueremo a lavorare su questo", conclude Viehbacher.
Fonte:
https://www.ema.europa.eu/en/medicines/medicines-human-use-under-evaluation
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