antibioticoresistenza
19 Dicembre 2025Nonostante i progressi degli ultimi anni, il potenziale dei vaccini per ridurre l’uso di antibiotici è ancora poco valorizzato nelle strategie contro l’AMR. Servono più dati, coerenza politica e integrazione tra piani vaccinali e azioni di contrasto alla resistenza

Pubblicato sul sito istituzionale di Vaccines Europe, l’intervento di Charlotte Vernhes, Director Scientific and Medical Affairs dell’organizzazione, propone una riflessione in occasione dell’AMR Awareness Week su quanto si è fatto – e su quanto resta ancora da fare – per integrare pienamente la vaccinazione nelle strategie contro la resistenza antimicrobica. I numeri più recenti dell’OMS confermano l’urgenza di affrontare il problema su scala globale e di valorizzare strumenti già disponibili, come i vaccini, per ridurre le infezioni e l’utilizzo eccessivo di antibiotici.
Secondo il recente rapporto ‘GLASS’ dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2023 un’infezione batterica su sei confermata in laboratorio era resistente agli antibiotici, con picchi di una su tre in Asia sud-orientale e Mediterraneo orientale. Dati che rendono evidente l’urgenza di proteggere l’efficacia degli antibiotici, non solo migliorando l’accesso e il mercato, ma anche attraverso una corretta gestione degli strumenti fondamentali come diagnosi e vaccini.
La correlazione tra prevenzione delle infezioni – tramite l’immunizzazione – e riduzione dell’uso di antibiotici è ben documentata: il solo vaccino contro il rotavirus evita ogni anno 13,6 milioni di trattamenti antibiotici nei bambini sotto i cinque anni nei Paesi a medio e basso reddito. Secondo l’OMS, se la copertura vaccinale globale raggiungesse il 90%, si potrebbero evitare fino a 106.000 decessi e 142 milioni di dosi giornaliere di antibiotici ogni anno. Eppure, nei piani d’azione nazionali sull’AMR, i vaccini per uso umano restano spesso in secondo piano rispetto ad altre misure di prevenzione o ai vaccini veterinari.
Fortunatamente, qualcosa sta cambiando. La vaccinazione viene oggi discussa sempre più spesso anche nei contesti dedicati alla resistenza antimicrobica. Vernhes, che ha partecipato a conferenze scientifiche e dialogato con pazienti e operatori sanitari, sottolinea tre aree di impegno per l’industria vaccinale:
1. Valorizzare i vaccini esistenti
Occorre aumentare le coperture lungo tutto l’arco della vita, in linea con i piani d’azione nazionali sull’AMR e i programmi nazionali di immunizzazione. Vaccini come quelli contro pneumococco, influenza e rotavirus riducono già l’uso di antibiotici, ma restano ampie lacune nella copertura.
2. Favorire lo sviluppo di nuovi vaccini
Servono quadri regolatori che tengano conto del valore strategico dei vaccini nella lotta all’AMR, non solo in termini di prevenzione della malattia ma anche per il loro impatto nel limitare la resistenza.
3. Rafforzare la sorveglianza e i dati
La raccolta di prove solide è essenziale sia per lo sviluppo di nuovi vaccini sia per dimostrare il ruolo dell’immunizzazione nel contrasto alla resistenza antimicrobica, integrandola così nelle strategie politiche.
Un nodo critico segnalato da Vernhes riguarda la mancanza di competenze specifiche in AMR all’interno dei gruppi tecnici nazionali sull’immunizzazione: senza questa capacità, è difficile inserire il peso della resistenza antimicrobica nella pianificazione vaccinale. La sfida è ampia, ma i progressi sono evidenti e i vaccini stanno guadagnando il riconoscimento che meritano come strumenti centrali contro l’AMR. Serve ancora lavoro – più dati, più politiche e condizioni favorevoli per sviluppo e diffusione – ma la direzione è quella giusta. Per la direttrice ogni vaccino può fare la differenza: per prevenire infezioni e per salvaguardare l’efficacia degli antibiotici.
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