Lavorare all’estero, Fenagifar: Tessera Ue non basta, serve intervento su formazione
Per realizzare in maniera concreta la libera circolazione dei professionisti in Europa occorre uniformare i percorsi di studi e favorire un reale riconoscimento comune della formazione. Senza questo aspetto, per quanto ci possano essere facilitazioni sui passaggi burocratici e una condivisione tra Stati delle informazioni relative ai professionisti, il percorso non è completo. È questo il parere sul Dlgs sulla tessera professionale europea, licenziato in via preliminare a inizio novembre dal Cdm, che ora sta proseguendo il suo iter, di Pia Policicchio, presidente Fenagifar. «Il dispositivo è segno che qualcosa si sta muovendo nella direzione della libera circolazione dei professionisti» spiega «ed è sicuramente un primo importante passo. Credo tuttavia che per realizzare una piena possibilità di esercitare la professione all'estero, occorra agire sui percorsi di studi, nella direzione di un'omogeneizzazione della formazione e del riconoscimento nei vari Stati. Se il rischio rimane quello di dover comunque sostenere esami integrativi, tirocini, o quant'altro, il processo non è completo. Certamente, la tessera europea facilita i passaggi burocratici e fornisce agli Stati la possibilità di accedere alle informazioni sul professionista, con il meccanismo di allerta su eventuali sanzioni disciplinari o penali del professionista e questo è importante». Un ulteriore sviluppo di questo percorso, continua, «potrebbe essere la creazione di una piattaforma analoga a Farmalavoro lanciata dalla Fofi in Italia, che metta in comunicazione domanda e offerta di lavoro a livello europeo e goda della garanzia di una istituzione come l'Ordine». Da Policicchio anche un'altra riflessione: «Si parla di fuga di cervelli all'estero. Certamente questo avverrà in misura crescente e non potrebbe essere che così: il numero di laureati in Italia è elevato, anche rispetto ad altri Paesi, e le possibilità di occupazione qui stanno subendo dei rallentamenti. D'altra parte, c'è per gli italiani che guardano all'estero anche la prospettiva di stipendi più elevati, soprattutto in alcuni Paesi, e di un ruolo professionale più riconosciuto e in alcuni casi più evoluto».
Francesca Giani
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