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Fitoterapia

16 Febbraio 2018

Echinacea: un aiuto per il raffreddore?


Il primo nome scientifico dell'Echinacea si deve a Rudbeck, botanico svedese del XVII secolo cui si ispirò Linneo per battezzare questo genere Rudbeckia. Solo nel 1794, il genere fu rinominato con il nome che tutti conosciamo, Echinacea, rifacendosi al termine greco echinos "riccio", con riferimento alle brattee pungenti del capolino o alla struttura dei semi.
Nella pratica fitoterapica si utilizzano tre specie di Echinacea: pallida, purpurea ed angustifolia. Queste specie si differenziano tra loro per la composizione chimica e, secondo la Commissione E tedesca, per la droga da utilizzare: radice per E. pallida ed E. angustifolia, parti aeree per E. purpurea. I componenti attivi della pianta sono prevalentemente polisaccaridi ad alto peso molecolare, che sono i responsabili dell'attività immunostimolante attribuita alla pianta. L'estratto contiene anche composti fenolici, lattoni sesquiterpenici ed echinacoside (assente nll'E. purpurea) e alkamidi che recentemente sono sempre più motivo di interesse per la comunità scientifica.

Le Echinacee sono piante erbacee poliennali con riposo vegetativo invernale (la parte epigea si dissecca in autunno), che appaiono dalla primavera inoltrata all'autunno e fioriscono tra giugno e agosto.
L'Echinacea rappresenta un importante elemento nelle preparazioni di medicina tradizionale, soprattutto nel Nord America dove la radice è molto usata dalla tradizione etnofarmacologica per le sue proprietà intrinseche.
Una molecola molto interessante dell'Echinacea angustifolia è il fenilpropanoide echinacoside.

L'echinacoside è un composto del metabolismo secondario prodotto dalla pianta per difesa nei confronti di agenti patogeni; è un glicoside naturale dell'acido caffeico che consiste di un trisaccaride formato da due molecole di glucosio e da una di ramnosio. Questa molecola svolge soprattutto un effetto antiinfiammatorio, con un probabile interessamento della Cox2.

Gli effetti dell'echinacea a livello del sistema immunitario sembrano interessare soprattutto i macrofagi ed i polmorfonucelati, che vengono attivati dai polisaccaridi, aumentando la capacità fagocitaria dell'organismo.
In vitro si è anche sottolineato l'effetto antivirale dell'estratto della pianta, che sembra in grado di aumentare la produzione di interferone e di inibire la capacità penetrativa dei virus bloccando la ialuronidasi virale.
L'echinacea viene tradizionalmente proposta per il trattamento del raffreddore comune, benché alcuni autori sottolineino l'importanza dell'effetto placebo nel trattamento di questa specifica malattia e i dati in letteratura non siano entusiasmanti.
Molti autori sollevano più di qualche perplessità sulla capacità dell'echinacea di ridurre gli attacchi di sindromi para-influenzali e, in particolare, Barrett e Bauer hanno valutato 24 trials in doppio cieco per un totale di 4631 partecipanti per cercare di dare una risposta esaustiva.
L'estrema varietà di prodotti utilizzati nei trials clinici, purtroppo, preclude la possibilità di dare una risposta definitiva, anche se l'E. purpurea sembra la specie più utilizzata e con più trials positivi a favore. In particolare, gli autori concludono evidenziando che non ci sono evidenti dati a favore dell'efficacia dell'echinacea, ma piuttosto solo un trend positivo. Oltre alle differenze di preparati utilizzati, altro possibile fattore di incertezza è la diversa biodisponibilità dei principi attivi dell'echinacea a seconda dell'estratto utilizzato. Negli ultimi tempi si sta evidenziando l'effetto dei costituenti lipofili dell'echinacea: le alcamidi. Queste sostanze oltre a dimostrare un significativo aumento della fagocitosi, riescono anche a passare in quantità elevate nel sangue.
Gli autori hanno voluto verificare la differente biodisponibilità di queste molecole facendo assumere o un estratto alcolico o un estratto secco di E. purpurea. Entrambe le dosi contenevano 0,07mg di alcamide.
Dopo 30 minuti dall'assorbimento della tintura si è raggiunto il Cmax per le alcamidi (0,40microgrammi), mentre il livello massimo per l'estratto secco era di 0,12microgrammi/ml e si raggiungeva dopo 45 minuti. Le alcamidi hanno dimostrato di riuscire a ridurre TNF-alpha e IL-8 in campioni di sangue pre-stimolato da Lps.
Inoltre, essendo strutturalmente simili all'anandamide, si è osservato un possibile legame tra questi metaboliti secondari e I recettori CB2: questo può suggerire un potenziale effetto immunomodulante e antiinfiammatorio dell'echiancea. Infatti, il blocco dei recettori CB2 sembra inibire il rilascio di citochine pro-infiammatorie da parte delle cellule immunocompetenti.
Purtroppo, per portare a livelli di rilevanza clinica queste scoperte, servono più studi scientifici, condotti in modo metodologicamente migliore. Finora i risultati dell'echinacea nel trattamento del raffreddore comune e di malattie para-influenzali non sono così soddisfacenti come ci si poteva immaginare visto l'utilizzo popolare della pianta. Più promettente sembra la scoperta del meccanismo d'azione delle alkamidi, che potrebbero illuminare di nuove, ma diverse, potenzialità terapeutiche le Echinacea.

Luca Guizzon
Farmacista Territoriale esperto in Fitoterapia, Farmacia Campedello

Fonti:
Ann Fam Med. 2011 Jul-Aug;9(4):312-22. doi: 10.1370/afm.1250.
Cochrane Database Syst Rev. 2014 Feb 20;(2):CD000530.
Int J Clin Pharmacol Ther. 2006 Sep;44(9):401-8.
Planta Med. 2007 Jun;73(7):615-23. Epub 2007 May 31

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