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21 Agosto 2023 Ictus, infarti e rivascolarizzazione coronarica si manifesterebbero meno di frequente tra chi assume vitamina D, una volta al mese. Lo studio è durato cinque anni
L’integrazione con vitamina D potrebbe ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori, anche se il dato non è statisticamente significativo. A mostrarlo sono i risultati del trial clinico D-Health, pubblicati sul British Medical Journal. A coordinare lo studio è stato un team guidato da Bridie Thompson, del QIMR Berghofer Medical Research Institute di Herston, in Australia, secondo il quale la differenza assoluta in termini di rischio è piccola.
L’ipotesi alla base della sperimentazione
La vitamina D ha effetti biologici che suggeriscono che questa sostanza potrebbe influenzare la malattia cardiovascolare. Il recettore della vitamina D, infatti, è espresso nelle cellule lungo tutto il sistema vascolare. Molte di queste cellule, inoltre, esprimono anche la 1alfa- idrossilasi e sono in grado, quindi, di convertire la 25-idrossivitamina D a calcitriolo, la forma attiva della vitamina. Il calcitriolo riduce l’infiammazione, regola il sistema renina-angiotensina-aldosterone e inibisce la proliferazione di cellule della muscolatura liscia vascolare.
Lo studio clinico D-Health durato cinque anni
Per far luce sull’associazione tra vitamina D e rischio cardiovascolare, i ricercatori australiani hanno avviato il trial clinico D-Health arruolando adulti di età compresa tra 60 e 84 anni. Lo studio è andato avanti per cinque anni e prevedeva che i partecipanti assumessero una singola dose di vitamina D all’inizio di ogni mese. L’outcome principale dello studio era il primo evento cardiovascolare maggiore, ovvero infarto, ictus e rivascolarizzazione coronarica. Nella sperimentazione sono stati inclusi 21.302 partecipanti, di cui 10.658 ricevevano vitamina D e i restanti un placebo.
Le evidenze sulla protezione dal rischio cardiovascolare
Complessivamente, il 79% dei partecipanti prendeva ancora le compresse di vitamina D alla fine dei cinque anni. Più del’80% dei partecipanti ha riferito di aver assunto almeno l’80% delle dosi consegnate. La concentrazione sierica di 25(OH)D era di 77 nmol/L nel gruppo placebo e 115 nmol/L nel gruppo che assumeva vitamina. Durante il follow-up sono stati segnalati 1.336 eventi cardiovascolari maggiori, di cui il 6% nel gruppo trattato con vitamina D e il 6,6% nel gruppo placebo. Il tasso di eventi cardiovascolari maggiori era più basso nel gruppo che assumeva vitamina D rispetto al gruppo placebo, con un hazard ratio di 0,91 (IC 95%, 0,81 – 1,01). Andando ad analizzare, poi, nello specifico, caratteristiche come età, sesso o indice di massa corporea, non vi erano differenze rispetto ai risultati ottenuti. Infine, l’analisi sui singoli eventi cardiovascolari hanno rivelato che l’incidenza cumulativa e l’HR dell’inferto erano più bassi nel gruppo trattato con vitamina D, con un HR di 0,81 (IC 95%, 0,67 – 0,98).
Bibliografia:
Thompson B. et al., Vitamin D supplementation and major cardiovascular events: D-Health randomised controlled trial. BMJ (2023) – doi: 10.1136/bmj-2023-075230
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