antibiotici
26 Settembre 2024Una nuova molecola, sviluppata da un team internazionale con il contributo dell’Università di Trieste, promette di combattere i batteri resistenti legandosi ai fosfolipidi della membrana batterica, distruggendola senza colpire le cellule sane e minimizzando il rischio di nuove resistenze
Uno studio internazionale a cui ha collaborato anche l’Università di Trieste, ha sviluppato una nuova molecola per il trattamento delle infezioni batteriche resistenti agli antibiotici che agisce con un meccanismo innovativo: lega i fosfolipidi presenti nella membrana dei batteri causandone la distruzione e il collasso del metabolismo cellulare. Questo porta rapidamente alla morte del batterio, evitando allo stesso tempo di colpire le cellule sane. Lo studio è stato coordinato dal Centro Interdisciplinare di Nanoscienze di Marsiglia, con la collaborazione di enti e centri di ricerca d’eccellenza, tra cui il laboratorio di biologia e nanotecnologia del dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Trieste, che ha sintetizzato un nuovo composto.
Sabrina Pricl, tra i ricercatori italiani spiega che “la principale minaccia è rappresentata dal gruppo dei batteri eskape – comprensivo dei generi Enterococcus faecium, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa e Enterobacter species – perché particolarmente virulenti e resistenti agli antibiotici introdotti con le terapie. Di qui, dunque, l’esigenza di sviluppare nuovi agenti antibatterici che, da un lato, siano in grado di uccidere i batteri, dall’altro non siano tossici per gli organismi che li assumono e, soprattutto, non inducano la comparsa di ulteriori resistenze farmacologiche”.
La molecola sintetizzata dai ricercatori – un dendrimero anfifilico, chiamato AD1b – si è dimostrata altamente efficiente contro tutti i batteri Gram-negativi, inclusi ceppi resistenti ai farmaci come Escherichia coli e Acinetobacter baumannii.
Il composto interagisce con il batterio con un innovativo meccanismo d’azione: si lega, infatti, ai fosfolipidi della membrana batterica, come il fosfatidilglicerolo e la cardiolipina, causando la distruzione della membrana stessa e il conseguente collasso del metabolismo cellulare, portando alla morte del batterio, senza danneggiare le cellule sane – anche in vivo – e minimizzando il rischio di sviluppare nuove resistenze, un problema che diversamente affligge gli antibiotici tradizionali.
Nei test preclinici, la molecola ha dimostrato una forte attività antibatterica oltre che una grande sicurezza, con una bassissima tossicità e nessun effetto emolitico – risultati poi confermati nei test condotti in vivo. Dopo trenta giorni di esposizione al composto, inoltre, non si è riscontrato alcun tipo di resistenza; al contrario, si è osservato un drastico abbattimento della carica batterica negli animali infetti.
“Questa molecola potrebbe aprire la strada a terapie più sicure e mirate e dare così un impulso al trattamento delle infezioni resistenti: insieme alla sua efficacia, infatti, la capacità di non indurre resistenza la pone in pole position per essere sviluppata ulteriormente a livello clinico traslazionale” spiega la professoressa Sabrina Pricl.
I ricercatori dell’Università degli Studi di Trieste hanno lavorato alla progettazione della molecola AD1 e preso parte allo studio computazionale, impiegando simulazioni di dinamica molecolare per studiare l’interazione tra AD1b e la membrana batterica, applicando metodologie avanzate supportate dalle risorse di supercalcolo del Cineca.
Il progetto di ricerca è stato finanziato con fondi Pnrr e ha potuto vantare il supporto di Icsc, il Centro Nazionale di Ricerca in High-Performance Computing, Big Data e Quantum Computing.
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