Idrossiclorochina, le indicazioni di Aifa su frazionamento dosi e distribuzione su territorio
Aifa ha dato nuove indicazioni sulla gestione domiciliare dell'idrossiclorochina, per dividere il contenuto della confezione consegnando ai pazienti la quantità di unità posologiche ritenuta necessaria
I prodotti a base di idrossiclorochina disponibili in commercio - anche da importazione - contengono generalmente 30 compresse a confezione, mentre per un trattamento per malattia da Covid-19 alle dosi massime consigliate - fino a 7 giorni - ne servono non oltre 16. Pertanto, consegnare al paziente con infezione da Covid-19 una confezione intera genererebbe uno spreco, alimentando, al contempo, rischio di carenze e fenomeni, collegati, di accaparramento. È questo il presupposto da cui parte Aifa nel dare le nuove indicazioni sulla gestione domiciliare dell'idrossiclorochina, per la quale c'è l'invito a «procedere a una divisione del contenuto della confezione consegnando ai pazienti la quantità di unità posologiche ritenuta necessaria» e «prevedere la possibilità di una distribuzione maggiormente controllata - tramite farmacia ospedaliera o distribuzione diretta - delle quote di farmaco da destinare al trattamento dei pazienti Covid-19». Proprio sul tema, la Liguria ha avviato un progetto per la Distribuzione per conto nelle farmacie di comunità delle dosi necessarie per il trattamento, riconfezionate dall'ospedale di Genova.
Le indicazioni di Aifa per ridurre carenze, sprechi e accaparramenti
Due sono le pressioni che si stanno generando sulla disponibilità di idrossiclorochina, tanto da spingere, il 3 aprile, «l'azienda brand a notificare ad Aifa il rischio di carenza» e «un'associazione di pazienti reumatici a manifestare la propria preoccupazione»: da un lato «garantire la continuità terapeutica dei pazienti affetti da patologie di ambito reumatologico già in trattamento cronico con idrossiclorochina» e dall'altro «assicurare anche per i pazienti con malattia COVID-19 la disponibilità del farmaco, evitando al contempo fenomeni di accaparramento». Problematiche, queste, che fanno da cornice alle «misure» che Aifa «suggerisce di intraprendere, adattandole alle esigenze e all'organizzazione locale». La prima indicazione è quella di «differenziare, tramite l'apposizione dell'indicazione terapeutica sulla ricetta, le prescrizioni "on label" da quelle relative al trattamento della malattia COVID-19». Poi il suggerimento è quello di «adottare, ove possibile, dei regimi di distribuzione differenziale per le diverse indicazioni». Non solo: per Aifa c'è poi la necessità di evitare il più possibile «sprechi»: «i prodotti disponibili in commercio, anche da importazione, a base di idrossiclorochina contengono generalmente 30 compresse/confezione mentre per un trattamento alle dosi massime consigliate (fino a 7 giorni) ne servono al massimo 16». Ma «consegnare al paziente la confezione intera genererebbe uno spreco di prodotto» mentre al contrario si potrebbe «risparmiare fino al 50% delle dosi «procedendo come già avviene in alcune Regioni a una divisione del contenuto della confezione». Questo permetterebbe di «consegnare ai pazienti o un blister da 15 compresse (ove clinicamente appropriato) o comunque la quantità di unità posologiche ritenuta necessaria». Ma attenzione: il prodotto «dovrà essere riconfezionato in modo da evitare errori nella gestione della terapia». Infine, per Aifa, c'è il tema della distribuzione: l'indicazione è di «prevedere la possibilità di una distribuzione maggiormente controllata - tramite farmacia ospedaliera o distribuzione diretta - delle quote di farmaco da destinare al trattamento dei pazienti COVID-19. Si ricorda, a tale proposito, che l'uso profilattico di idrossiclorochina non è raccomandato al di fuori di studi clinici». A ogni modo, «dovranno essere fornite tutte le indicazioni essenziali per il corretto uso del farmaco e quelle relative a numero di lotto e scadenza della confezione di origine anche ai fini della corretta tracciatura per le eventuali attività di farmacovigilanza. Tutte le operazioni dovranno essere effettuate da parte delle farmacie ospedaliere nel rispetto delle Norme di Buona Preparazione dei medicinali della Farmacopea Ufficiale (ove applicabili)».
In Liguria Dpc in farmacia di dosi riconfezionate dall'ospedale. La sperimentazione
Intanto, proprio sul tema, in Liguria, «è stato ultimato il percorso per consentire la prescrizione domiciliare di alcuni farmaci, tra i quali l'Idrossiclorochina, da parte dei medici di medicina generale» ha detto ieri l'assessore alla salute della Liguria Sonia Viale. E, per «evitare gli spostamenti della popolazione, la distribuzione avverrà non solo nelle farmacie ospedaliere ma anche nelle 590 farmacie territoriali», mentre, al contempo, «per ridurre gli sprechi è stato anche avviato un piano per riconfezionare i farmaci e gestire al meglio le quantità a disposizione. Si tratta di una decisione dettata dall'urgenza che ci consente di garantire, con la massima tempestività, l'attivazione dei trattamenti domiciliari per la cura del Covid-19». Il progetto vede il coinvolgimento di Federfarma regionale, Assofarm, Federfarma Servizi, Adf e Alisa: il canale «di distribuzione individuato» si legge in una nota di ieri di Alisa «è quello della Distribuzione per conto che verrà fatta senza oneri aggiuntivi» per le casse pubbliche. Farmacie e distribuzione intermedia hanno infatti rinunciato alla retribuzione che normalmente viene applicato negli accordi sulla Dpc in vigore. «Regione Liguria ha poi provveduto all'approvvigionamento dei farmaci per assicurare un "polmone" che garantisca il trattamento ai pazienti affetti da Covid -19 con indicazione terapeutica a questo tipo di trattamento, in forma domiciliare. Per assicurare il trattamento a chi ne può beneficiare e, al contempo, per gestire la contingente carenza di idrossiclorochina, sono state predisposte confezioni singolarizzate che contengono il quantitativo necessario per la terapia. Tale attività è stata realizzata grazie all'accordo con l'ospedale Policlinico San Martino che ha reso possibile il processo: lo schema terapeutico prevede infatti la somministrazione al paziente di 16 pastiglie da assumere in una settimana; attraverso il processo di singolarizzazione, altamente tecnologico, viene garantita la tracciabilità di ogni singola compressa, riconducibile a un codice a barre che permette di abbattere il rischio di spreco. Inoltre, la rete degli infettivologi, ha dato piena disponibilità a supportare i medici prescrittori per assicurare la massima qualità e sicurezza delle cure».
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A cura di Simona Zazzetta
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